16. Il segreto del wafer rosa
- centericsilla
- 17 nov
- Tempo di lettura: 3 min

In un pomeriggio soleggiato, Beni saltellava per le stradine di Napoli con il suo cestino. Nell’aria si mescolava il profumo del caffè fresco e quello delle cialde calde – come se l’intera città fosse fatta di un enorme dolce.
– Cioccolato… nocciole… cialde… – mormorò guardando la lista della spesa. – Sarà qualcosa di davvero buonissimo!
All’angolo della piazza lo aspettava il suo migliore amico, Gennaro, con un pacchetto rosa luccicante in mano.
– Sbrigati, Beni! – gridò eccitato. – Zia Sofia oggi ci racconterà il segreto rosa del wafer napoletano!
La porta della piccola pasticceria si aprì tintinnando. Sofia, la più dolce produttrice di cialde di tutta Napoli, stava spalmando una morbida crema di nocciole su una cialda dorata.
– Ciao, piccerè! – li salutò.
– Oggi vi racconterò perché il wafer si chiama proprio “napoletano”… e quale magia si nasconde nel suo incarto rosa.
Beni drizzò le orecchie.
– Lo sapevo! – sussurrò. – Anche il rosa ha un segreto!
– All’inizio, nell’Ottocento – cominciò Sofia,
– in un piccolo paese, vicino Napoli, chiamato Avellino viveva una bambina, Lucia, che capiva le nocciole come se potesse parlare con loro. Gli alberi di nocciole fidavano solo in lei. Ogni giorno raccoglieva un pugnetto di nocciole e saliva sulla collina a sognare. Un giorno disse:
– Vorrei poter far assaggiare al mondo intero il vero sapore delle nocciole…E il vento la ascoltò. Il giorno dopo arrivarono dei mercanti, comprarono le nocciole del paese e le portarono lontano, oltre montagne e vallate, fino in Austria, dove un giovane maestro, Josef Manner, stava inventando un nuovo dolce.
Cinque strati di cialda, quattro strati di crema di nocciole – e quando lo assaggiò, esclamò:
– Questo sapore è la luce del sole di Napoli!
Così battezzò il dolce: Napolitaner, cioè napoletano.
Da allora, ogni volta che qualcuno mangia un wafer napoletano, assapora un po’ di sole del Sud, un po’ di profumo del mare e l’aroma delle nocciole di Avellino.
Beni sospirò profondamente.
– Quindi… il napoletano non è solo un dolce, ma un pezzo di storia!
– Proprio così – annuì Sofia.
– E in ogni strato c’è un’amicizia: tra Napoli, Vienna e tutto il mondo.
– Ma perché è rosa? – scoppiò a chiedere Beni, ormai divorato dalla curiosità.

– Questo dolce merita un sorriso – spiegò Sofia.
– Diamogli un colore che porti gioia a tutti! – pensò Josef. Così il nuovo incarto divenne rosa: un colore capace di farti sorridere anche le giornate più grigie.
La gente, ancora prima di aprirlo, si sentiva subito più felice vedendo quel colore. Come se in ogni pacchetto fosse nascosto un pizzico di allegria.
Beni guardò la carta con occhi scintillanti.
– Allora… anche il rosa è una storia?
– Certo – annuì Sofia. – La storia dell’amore.
– Possiamo fare anche noi un wafer? – chiese speranzoso Beni, con i suoi grandi occhi color nocciola.
– Se volete, andate a lavarvi le mani! – rise Sofia.
Fece apparire due piccoli grembiuli marroni, e i due monelli si misero al lavoro. La cucina presto si riempì del profumo di nocciole e di risate. Beni e Gennaro, un po’ goffi ma felicissimi, stratificarono il loro piccolo wafer, mentre Beni cominciò a canticchiare:
Crocchia la cialda, brilla la crema,
dentroc'e il sole, il mare, un filo di speranza che trema.
Nocciole e cialde, un sogno color rosa, addolcisce il passato e ogni storia futura e nascosta
Quando la sera si fece silenziosa e le stelle brillarono sul Vesuvio, Beni si appoggiò al bancone, con il musetto pieno di briciole.
– Oggi ho imparato qualcosa – sospirò soddisfatto.
– Il wafer napoletano non è solo un dolce. È una storia… e il rosa è il suo sorriso.
E mentre per la città tornava a diffondersi il profumo dolce delle nocciole, il sorriso del piccolo riccio brillò più delle stelle.

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