12. Il fragile regno del Castello dell'Ovo
- centericsilla
- 4 nov
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 5 nov

La mattina seguente, Beni si svegliò pieno di entusiasmo. Il sole entrava nella sua piccola stanza e, dalla finestra aperta, l’aria era piena del profumo salato del mare e del richiamo allegro dei gabbiani.
Sua zia entrò sorridendo:
– Ecco Peppe, Beni! Vai, gioca con il tuo amico, esplorate la spiaggia!
Beni saltò giù dal letto per la gioia. Fece colazione in fretta e corse subito verso la piazzetta, dove Peppe lo aspettava con un pallone azzurro sbiadito tra le mani.
– Andiamo, guagliò! – gridò Peppe, e insieme si incamminarono giù per le strette viuzze, attraversando il colorato e profumato brulicare di Spaccanapoli, fino ad arrivare al mare.
Sulla riva c’erano grandi rocce, e tra di esse correvano piccoli granchi. L’acqua era trasparente e i raggi del sole danzavano sulle onde. Peppe si tolse le scarpe e corse a piedi nudi fino al bordo dell’acqua; Beni lo seguì, con le sue spine che si muovevano allegre al vento.
– Guarda! – disse Peppe, indicando un piccolo branco di pesciolini che brillavano d’argento nell’acqua.
– È questa la magia del mare!
Poi Peppe raccolse una conchiglia e la porse a Beni:
– Tieni, portala a casa, ti porterà fortuna!
Beni la prese sorridendo e, nel frattempo, imparò nuove parole:
– Mare – mare,
– Pesciolino – pesciolino,
– Conchiglia – conchiglia.
Più tardi, i due bambini iniziarono a costruire un castello di sabbia – ma non uno qualsiasi! Un vero castello marino, con torri, fossati e piccoli tunnel.
Mentre ammiravano il castello e la piccola città che avevano costruito, lo stomaco di Beni borbottò piano.
– Peppe – sussurrò ridendo –, ho tanta fame!
Peppe rise.
– Vieni!
Attraversarono di corsa una stradina piena di profumi, dove un vecchio pizzaiolo stava cuocendo pizze nel grande forno. Ma non le enormi pizze che sporgono dal piatto, bensì più piccole – perfette per la colazione o la merenda. Cominciarono a mangiare con gusto.

Peppe era tutto agitato, segno che non vedeva l’ora di raccontare un piccolo segreto al suo nuovo amico. Si chinò verso di lui e sussurrò:
– Sai, Beni… i marinai napoletani, un tempo, credevano che nelle profondità del mare esistesse una città segreta.
Gli occhi di Beni si spalancarono.
– Una città segreta? – sussurrò.
– Sì! – annuì Peppe.
– Si dice che, nel profondo mare azzurro, ci sia una città dimenticata. Le sue case sono fatte di corallo e di perle, e le strade sono coperte di sabbia dorata.
– E chi vive lì? – chiese Beni con gli occhi che brillavano.
– Le sirene dal cuore buono! – rispose Peppe con entusiasmo.
– Bellissime sirene, con i capelli che brillano come la luce del sole sull’acqua. Proteggono la città e, di notte, quando il riflesso della luna appare sul mare, cantano canzoni così belle che perfino i pesci si mettono a danzare!
Beni ascoltava incantato.
– E i marinai sentivano il loro canto? – chiese piano.
– Certo che sì! – continuò Peppe.
– Chi le ascoltava con cuore puro veniva ricompensato: le sirene guidavano la sua nave verso i luoghi migliori per pescare, o lo proteggevano dalle tempeste. Ma chi era avido o faceva del male al mare, le sirene gli chiudevano la via, e si perdeva tra le onde.
Beni sospirò profondamente.
– Io sarò buono con il mare! – promise.Peppe sorrise.
– Ecco perché hai trovato quella conchiglia! – disse, dando un colpetto alla mano in cui Beni stringeva il suo dono.
– Forse una sirena te l’ha mandata per salutarti!
Poi continuò, con voce più bassa:
– Ma tra le sirene, tanto tempo fa, ce n’erano tre sorelle che non amavano i marinai e, con il loro canto, cercavano di spingerli a gettarsi in mare, facendo schiantare le navi contro le rocce. Beni, vuoi sentire una storia antica… quella di come nacque Napoli?
Beni annuì subito, gli occhi pieni di curiosità. Peppe respirò a fondo, come per entrare lui stesso nel mondo della leggenda:
– Tanto tempo fa, quando eroi e pirati solcavano i mari, vivevano nelle acque le sirene.Tra loro, la più bella e gentile era Partenopea. Ma le sue sorelle, sempre pronte a qualche malizia, la convinsero a usare il suo canto meraviglioso per incantare i marinai e far schiantare le loro navi sugli scogli. E così accadde molte volte, tanto che né i mercanti né i pirati osavano più navigare in quelle acque.
Ma tra i viaggiatori c’era anche Ulisse, che era saggio: tappò le orecchie dei suoi compagni con la cera e si fece legare all’albero della nave, per ascoltare il canto delle sirene senza cedere al suo incantesimo. Quando Partenopea vide che la sua voce non aveva effetto su quella nave, la inseguì; ma, giunta vicino a questa costa – proprio qui, non lontano da dove siamo ora – si stancò e si gettò sulla riva.
Beni ascoltava a bocca aperta.
– La leggenda dice che là dove Partenopea toccò la terra, nacque la città: Napoli – o, come si chiamava un tempo, Partenope.
Peppe continuò:– E non solo nacque la città, ma si costruì anche un castello speciale: il Castel dell’Ovo, il Castello dell’Uovo. Sai perché si chiama così?
Beni guardò Peppe con curiosità. Peppe allora cominciò a raccontare:
– Secondo la leggenda, il poeta e mago Virgilio nascose un uovo magico sotto le mura del castello. La forza di quell’uovo proteggeva il castello e la città: finché l’uovo restava intatto, Napoli sarebbe rimasta al sicuro! Ma se si fosse rotto… allora sarebbero arrivati grandi guai.
Beni si rattrappì un po’ al pensiero, ma Peppe lo rassicurò subito:
– Non avere paura! L’uovo è ben nascosto e da secoli gli abitanti della città ne hanno cura.
Dopo che Peppe gli raccontò anche la storia di Partenopea, Beni rimase a lungo a guardare l’immenso mare. Le onde sembravano sussurrare un’antica fiaba segreta.
– Peppe – disse infine piano Beni –hai mai sentito il canto di Partenopea?
Peppe sorrise.
– Non proprio come dicono le leggende… ma a volte, quando c’è tanto silenzio e il vento soffia dal mare, sembra che porti con sé una melodia triste e dolce. Dicono che sia il suo canto.
Beni si mise a pensare.
– E il castello, il Castello dell’Ovo… davvero c’è l’uovo magico? – chiese con gli occhi spalancati.
– Sì! – annuì Peppe con aria saggia.– Tanto tempo fa Virgilio lo nascose sotto le mura. Per questo si chiama Castel dell’Ovo. Ma nessuno sa esattamente dove sia il segreto!
Beni saltò su, pieno di entusiasmo.
– Allora andiamo a vederlo! Andiamo a cercare il castello! Magari Partenopea ci ha lasciato un messaggio! Ma uno bello, non uno brutto.
Peppe rise.
– Benissimo! – esclamò. – Ma un’altra volta, ormai è tardi. Attento però, che il canto di Partenopea non ti incanti come faceva con i vecchi marinai! – disse scherzando, e gli accarezzò la testolina piena di spine.
Beni rise, poi si voltò verso il mare e sussurrò piano:
– Io non ho paura… Partenopea sarà buona con noi.
Il sole lentamente scese dietro l’acqua, e il mare continuò a mormorare la sua eterna fiaba ai due piccoli amici.

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