19. Una tazza di gentilezza
- centericsilla
- 24 nov
- Tempo di lettura: 2 min

Una mattina Beni saltò giù dal letto euforico: lo zio gli aveva promesso che quel giorno sarebbero andati a pescare! Si preparò in un attimo e si sedette al tavolo. Ad aspettarlo c’era una vera colazione napoletana: una brioche morbida, un cornetto croccante e un bicchiere di succo d’arancia color del sole. La brioche e il cornetto profumavano così tanto che Beni quasi sentiva sussurrare: “Colazione pronta… è tempo d’avventura!”
– Oooh… – mormorò stupito quando vide la zia tirare fuori uno strano oggetto dalla credenza.
– Che cos’è?

– Questa si chiama cuccumella, la caffettiera napoletana! – sorrise la zia.
– Guarda come la preparo… e vedrai come il profumo del caffè ballerà per tutta la cucina!
Poi continuò, e Beni ascoltò con occhi spalancati:
– Sai, Beni, il caffè arrivò a Napoli più di duecento anni fa. Secondo una leggenda fu Maria Carolina, una coraggiosa regina viennese, a portare con sé dei misteriosi chicchi di caffè. Quando li presentò per la prima volta al ballo reale, tutti rimasero stupiti: una bevanda nera, profumata, capace di portare gioia.
– Da allora il caffè è presente in ogni casa e in ogni bar, e ogni sorso porta amicizia e felicità.
La zia riempì con gesti rapidi la cuccumella; l’acqua diventò vapore e all’improvviso la cucina si riempì di un profumo celestiale.
– Il caffè napoletano è un vero rituale – spiegò.
– Lo serviamo bollente, con un bicchiere d’acqua per preparare il palato. E non si rifiuta mai un caffè: sarebbe scortese!
Beni osservava incantato la cuccumella. Il profumo scuro e intenso del caffè sembrava abbracciarlo. Capì che in ogni sorso il caffè prende vita.
Nel pomeriggio, dopo una lunga e faticosa giornata di pesca – piena però di racconti e avventure – Beni e lo zio tornarono verso casa. Lungo la strada incontrarono un venditore ambulante di caffè. L’uomo offriva allegramente caffè fumante mentre annunciava il santo del giorno.
– Guarda, Beni! – disse lo zio indicando una lavagnetta: caffè sospeso.

– Che cos’è? – chiese Beni curioso.
Il venditore sorrise:
– Un tempo, dopo la guerra, la gente si aiutava così. Se qualcuno pagava due caffè, uno lo beveva lui, l’altro lo lasciava “sospeso”. Chi non poteva permetterselo, più tardi veniva e lo prendeva. Il caffè sospeso è una piccola magia di generosità e amicizia.
Beni rimase senza parole. Capì che a Napoli il caffè non è solo una bevanda: è storia, cultura, comunità – e ogni sorso è una piccola meraviglia.
Quando arrivò a casa, tra i ricordi della pesca e il profumo del caffè, sentiva il calore della gentilezza napoletana. Sapeva che un giorno anche lui avrebbe lasciato un caffè sospeso, perché nel mondo ci sia sempre spazio per la bontà e le piccole gioie.


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