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4. Beni arriva a Napoli – e la città comincia raccontare le storie

  • 6 giorni fa
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Dopo un lungo viaggio, Beni finalmente arrivato a Napoli: una città enorme, ronzante, che brontola. I suoni – clacson delle auto, passi frettolosi, risate, frammenti di conversazioni – tutto gli piombò addosso come un’onda rumorosa. La gente parlava una lingua strana, quasi cantilenante, la luce del sole rifletteva sulle case, e dove sembra che tutto si muova e vibra.


Beni, abituato al silenzio della foresta, si spaventò. Prese fortissimo la mano della zia, gli occhi si spalancarono, guardava attorno terrorizzato, come se fosse caduto in un mondo completamente diverso.

La zia – che conosceva bene questo piccolo porcospino – capì subito cosa stava succedendo dentro di lui. Si fermò, si inginocchiò accanto a lui e con voce dolce e calmante disse:

– Sai, Beni, questo posto è anche una foresta. È vero, qui gli alberi crescono meno, ma ci sono parchi, giardini minuscoli, balconi dove anche i fiori sembrano parlare tra loro. E la cosa più curiosa: gli alberi della città non sono fatti di legno, ma di pietra – una pietra molto speciale che si chiama tufo.


Quando Beni sentì quella parola strana – tufo –, la paura svanì all’istante, e nei suoi occhi comparve di nuovo la curiosità.

– Cos’è il tufo? Si può mangiare? Perché è speciale? Di cosa è fatto? Da quanto tempo c’è?

La zia sorrise e cominciò a raccontare:

– Il tufo è una roccia di origine vulcanica. Qui intorno a Napoli, molto tempo fa, ci furono eruzioni vulcaniche enormi – forse hai sentito del Vesuvio. Quando il vulcano esplodeva, cenere e polvere venivano scagliate nell’aria. Si mescolavano poi all’aria, cadevano a terra, e con il passare dei secoli si trasformavano in pietra. Questo è il tufo: leggero ma resistente, facile da scolpire, e ottimo come isolante. Già gli antichi Romani lo usavano per costruire!

– Quindi… le case qui sono fatte di vulcano? – chiese Beni stupefatto.

– In un certo senso – rise la zia. – Per questo, quando cammini per la città, a volte senti quasi il respiro antico della Terra. Le pietre ti parlano – se ascolti.

Beni restò un attimo in silenzio. Ormai la città non sembrava più così spaventosa. Anzi… diventava elettrizzante, antica, quasi magica. Il rumore e la folla non lo disturbavano più; solo le parole della zia riecheggiavano nella sua mente:

«Anche questa è una foresta… solo diversa.»

– Raccontami di più – implorò piano.

La zia si chinò verso di lui, gli accarezzò il piccolo testone ispido, e continuò:

– Vedi, Beni, sotto Napoli si nasconde un’altra città! Tanto tempo fa, quando la gente si stabilì qui per la prima volta, scoprirono che sotto terra c’era questo tufo – morbido, facile da tagliare come se fosse burro. Così cominciarono a scavare cunicoli, a creare passaggi sotto terra.

– Ma perché scavavano buche? – chiese Beni, che ormai aveva dimenticato la paura.

– All’inizio per conservare l’acqua – continuò la zia. – In passato non c’erano rubinetti o tubature come oggi. L’acqua piovana si raccoglieva in enormi cisterne che si trovavano sotto terra. In seguito, quando la città era minacciata, la gente si rifugiava in questi passaggi. Era come un labirinto segreto, dove stare al sicuro!

Gli occhi di Beni cominciarono a brillare:

– E ancora oggi ci sono questi cunicoli? Si può entrare?

– Certo che sì! – annuì la zia. – Se vuoi, ti porto con me, esploreremo insieme. Sarà come essere veri esploratori.

Beni già si immaginava con il suo piccolo zaino, gli occhi da scopritore, correre per i corridoi stretti, ascoltare come i muri gli raccontavano segreti antichi…

La zia aggiunse ancora:

– Ma fai attenzione laggiù: sotto terra è tutto silenzio, l’aria è fresca e umida, e ogni pezzo di pietra conserva una storia antica.

Beni sospirò felice. Capì che Napoli non era soltanto una città rumorosa in superficie, ma un mondo meraviglioso, pieno di segreti, nascosto nel profondo.


– E… ci sono anche storie? – chiese piano.

La zia guardò intorno, come se stesse per svelare un segreto, abbassò la voce:

– C’è un’antica leggenda – disse – ma conosciuta solo da chi sa ascoltare le pietre. Si racconta che sotto terra viva uno spirito. Non spaventoso, piuttosto curioso e giocoso. Si chiama Pietrino, che significa “Piccolo Sasso”.

Beni tese le orecchie, gli occhi si spalancarono.

– È il guardiano del mondo sotterraneo. Di notte percorre i cunicoli, ascolta i sussurri delle pietre, custodisce i segreti dei passaggi nascosti. Se qualcuno entra con rispetto – non fa rumore, non calpesta, non grida –, Pietrino a volte gli mostra un cammino dimenticato, un segno nascosto, o una storia antica.

– E se qualcuno… non si comporta bene? – chiese Beni a voce bassa.

– Allora Pietrino gioca uno scherzo! – rise la zia. – Riporta la persona al punto da cui era partito, anche se credeva di aver fatto strada. Nel labirinto sotterraneo è facile perdersi… ma non temere: se vai con il cuore aperto, e ascolti, Pietrino ti aiuterà.

– E tu… lo hai incontrato?

La zia sorrise e rispose:

– Forse. Ma sai, lui non si vede con gli occhi. Né si sente con le orecchie. Si percepisce solo con il cuore.

Beni rimase un attimo in silenzio. Il rumore della città ormai non dava più fastidio. Anzi, pareva che ogni suono raccontasse una storia. E dentro di sé… come se avesse davvero sentito un lieve e amichevole bussare da sotto terra.


Forse Pietrino lo aveva già salutato.

Secondo te?



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