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9. O'Municello - il guardiano di napoli

  • centericsilla
  • 24 ott
  • Tempo di lettura: 5 min

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Una sera d’estate, quando le stelle iniziarono a brillare lentamente sopra il mare, Beni, il nostro piccolo eroe, passeggiava per le strade di Spaccanapoli con la sua zia. Dalle pizzerie si alzavano risate e canti, i gatti si stiracchiavano tra le pietre, e il cuore della città batteva ancora.

Beni amava vagabondare la sera.

– Ogni sera questa città racconta una storia diversa – pensò tra sé.


Girando in un vicolo più buio, un vento freddo gli accarezzò improvvisamente le spine. Qualcosa si mosse nell’ombra.

All’improvviso incontrarono una figura strana: un piccolo ometto vestito con un abito da monaco bianco e nero, con una testa grande su un corpo minuscolo. Il volto era quasi invisibile, ma salutava Beni con un gesto amichevole.

Beni si spaventò un po’, ma la zia gli strinse la zampa con sicurezza:

– Non aver paura! Questo dev’essere il Munaciello.

Beni inspirò a fondo e disse:

– Sei tu il Munaciello?

La piccola figura sorrise tristemente, ma la sua voce suonava come una piccola, dolce campana.

– Sei tu il famoso riccio curioso che vuole conoscere tutti i segreti di Napoli? – chiese con gentilezza.

Beni annuì, curioso.

– Sì, sono io. Mi racconteresti la tua storia? Ho sentito tanto parlare di te.

La piccola figura si sedette su una vecchia pietra polverosa e cominciò a raccontare con voce bassa e risonante:

– Tanto tempo fa, un giovane garzone semplice amava profondamente una bellissima ragazza. Ma essendo povero, la famiglia ricca della ragazza proibì loro di stare insieme. Di notte si incontravano di nascosto sui tetti, finché… – abbassò tristemente la testa – …una notte furono attaccati e il ragazzo fu spinto giù nel vuoto.

Gli occhi di Beni si spalancarono.

– E dopo cosa successe? – sussurrò.

– La ragazza, che portava nel cuore il frutto del loro amore, si rinchiuse in un convento. Lì nacque il suo piccolo figlio: io. Ero piccolo e deformato. Mia madre sperava che la Madonna facesse un miracolo per me e mi vestì sempre con un piccolo abito monacale. Da allora il mio nome è Munaciello, il “piccolo monaco”.

Il cuore di Beni si strinse sentendo la storia.

– E sei stato felice? – chiese piano.

Munaciello sorrise, ma il sorriso rimase triste.

– Non del tutto, piccolo amico. La gente aveva paura di me, mi prendeva in giro e mi feriva. Credevano che portassi fortuna o sfortuna a seconda del colore del mio cappuccio. Alla fine sparii dal mondo… ma la mia anima rimase qui.

Beni ascoltava in silenzio. Sentiva che questa creatura speciale non era pericolosa, ma piena di amore e dolore.

– Non sono rimasto con rabbia – continuò Munaciello

– ma con il desiderio di aiutare gli altri. Chi è triste, povero o smarrito nella propria sofferenza… io scivolo vicino a loro di nascosto e lascio un po’ di gioia. A volte lascio monete d’oro o piccoli tesori a chi se li merita. Ma se qualcuno non rispetta gli altri, faccio scherzi: nascondo oggetti o faccio rumori di notte… – cercava di strappare un sorriso a Beni, ma gli occhi del piccolo si riempirono di lacrime.

– Ecco perché sei così speciale! – sussurrò Beni.

– La vita a volte fa male, Beni – disse il piccolo monaco – ma l’amore resta sempre, anche se invisibile.

Mentre parlavano, il vento giocava con le loro vesti. Da una finestra lontana si udiva un canto leggero.

– La gente a volte ha paura di te – disse Beni.

– Pensano che tu sia un fantasma.

– Oh, lo so! – rise Munaciello.

– Il mistero fa sempre un po’ paura. Ma non sono cattivo. Sono solo invisibile, e le persone non amano ciò che non comprendono. Eppure, se osservassero meglio, sentirebbero che non porto paura, ma speranza.

Beni rifletté.

– Al convento di Santa Chiara, la vecchia suora disse:

“Il silenzio non è vuoto, è la casa dell’amore.”

Credo che tu sia proprio un “amore silenzioso.

Il piccolo monaco sorrise, gli occhi brillavano come il mare all’alba.

– Bello, piccolo riccio. Credo che nessuno me lo abbia mai detto così.

Beni tirò fuori dalla tasca una piccola pietra liscia, preso nel giardino del convento.

– Ecco. Questa è la pietra della pace. Chi la tiene in mano non sarà mai solo.

Munaciello la prese tra le mani e sussurrò in napoletano:

Grazie, piccolo riccio. Mo’ nun sto cchiù sulo. – “Grazie, piccolo riccio. Ora non sono più solo.”

La pietra brillò leggermente e la luce avvolse il piccolo monaco. Per un momento il vicolo si illuminò d’oro, come se le stelle fossero scese sulla terra.

– Vedi? – disse sorridendo – La luce dell’amore. Se qualcuno pensa a me con cuore puro, io sono lì. Non serve vedermi – basta credere in me.

Beni annuì.

– Allora non sei solo una vecchia leggenda. Tu sei Napoli stessa.

– Napoli vive nel cuore della gente – sussurrò il piccolo monaco.

Le campane suonarono in lontananza e il piccolo monaco cominciò a svanire lentamente.

– Ora devo andare, piccolo amico. La città sogna, e io veglio sui suoi sogni.

– Aspetta! – disse Beni.

– Come potrò riconoscerti se ti rivedrò?

– Se trovi una moneta abbandonata, se un gioco perduto riappare o se improvvisamente senti qualcuno aiutarti nei guai… quello sarò io.

Sorridendo, sparì, lasciando solo una piccola luce dorata che danzava intorno a Beni e poi si alzò verso le stelle.

Beni rimase da solo, ma ai suoi piedi brillava qualcosa. Si chinò e vide un medaglione dorato, con un cuore e un’iscrizione:

“‘O bbene nun more maje.”

– Significa – sussurrò la nonna – “L’amore non muore mai.”

Beni prese delicatamente il medaglione e lo strinse al cuore. Sentì che il dono di Munaciello non era solo un tesoro, ma anche un messaggio.

Da quel giorno, ogni volta che incontrava nuovi amici o intraprendeva una nuova avventura, toccava sempre il medaglione – per ricordare: l’amore è ciò che illumina il mondo per sempre.

Beni tornò a casa e, quando si mise a letto, sentì quasi la risata del piccolo monaco nel vento. La città era silenziosa, tranquilla – come se qualcuno avesse appena sistemato le coperte.


E se tu ascolti con attenzione e ami con cuore puro, forse troverai anche tu ‘O Munaciello. Un aiuto inaspettato, una moneta d’oro sotto il cuscino, o qualcuno che ti sorride proprio nel momento in cui ne hai più bisogno. Potrebbe essere il suo sorriso, del piccolo monaco segreto della città, sempre lì perché bontà e amore non vengano mai meno.


Ora conosci il suo segreto. E se un giorno passeggi per le strade di Napoli, ascolta il fruscio del vento… potrebbe sussurrarti:


“Nun chiagnere… so’ cca…” – “Non piangere, sono qui.”




(La storia del Munaciello è ispirata a Matilde Serao – "Leggende napoletane")

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