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15. Il segreto della fortezza stellata

  • centericsilla
  • 14 nov
  • Tempo di lettura: 7 min

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Era una domenica, e il sole splendeva caldo sopra Napoli. Beni, il piccolo riccio, aveva trascorso tutta la mattina a giocare nel giardino della zia, mentre lei si preparava a cucinare una vera lasagna napoletana.


Al centro del giardino c’era un ulivo secolare, con il tronco spesso e le radici contorte. Beni stava per tirare fuori un fiore appassito dalle radici, quando si accorse che nel terreno c’era qualcosa di strano. Una piccola scatola di legno, grande appena quanto una cartolina. La scatola si aprì con difficoltà, scricchiolando piano, ma alla fine cedette.

Beni trattene il fiato quando vide cosa c’era dentro: una vecchia mappa su pergamena, sulla quale si distingueva un edificio dalla forma di stella.

In cima alla mappa c’era scritto:


“Castel Sant’Elmo – il guardiano della città.”


Beni seguì con il ditino il percorso segnato. La fortezza si trovava sulla cima di una collina e la sua forma a stella a sei punte si vedeva chiaramente.

Il piccolo riccio rimise con cura la mappa nella scatola e la fece scivolare di nuovo sotto le radici dell’ulivo. Il suo cuore batteva forte, ma non per la paura – bensì per l’emozione. Sapeva che doveva vedere quel castello da vicino. Ma quell’avventura era troppo grande per affrontarla da solo.

– Chiederò ai miei amici di venire con me! Prima di tutto parlerò con Gennaro – pensò Beni.


Gennaro era il miglior amico di Beni: abitava lì vicino e adorava risolvere enigmi e andare a caccia di segreti. Non era passato nemmeno mezz’ora, e già stavano insieme nella parte ombreggiata del giardino, con la piccola scatola di legno davanti.

– Una fortezza a forma di stella? E una mappa? Sembra proprio una missione antica! – esclamò entusiasta Gennaro.

– E sai qual è la cosa migliore? – continuò l’amico di Beni. – La fortezza esiste davvero. Si chiama Castel Sant’Elmo, e si trova sopra la città, sulla collina del Vomero! Mentre parlava, mostrava sulla mappa i piccoli sentieri, ormai quasi invisibili sulla pergamena.

– La sua forma a stella a sei punte fu progettata secoli fa, per proteggere Napoli da ogni direzione. Le mura sono spesse come montagne, e all’interno si nascondono corridoi segreti e vecchie celle.

Sulla mappa c’erano anche dei piccoli disegni: una porta segreta, un simbolo del sole e una pietra misteriosa che sembrava quasi brillare. Telefonarono a tutti i loro amici per vedere chi avesse voglia di unirsi a una grande avventura.


La mattina seguente prepararono gli zainetti. Misero dentro dell’acqua, un po’ di formaggio, del pane e naturalmente la mappa. Salirono con la funicolare sulla collina del Vomero – gli occhi di Beni si spalancarono quando vide per la prima volta la fortezza: le sue mura enormi e chiare brillavano nella luce del mattino, come una stella antica sull’orlo del cielo.


Davanti al portone rimasero tutti in silenzio per un momento. Non era solo una vecchia fortezza – era un luogo dove il passato sussurrava.

E lì, proprio nell’ingresso, sembrava che qualcuno li stesse aspettando…Dall’alto si udirono le ali di un gufo, e a terra qualcosa brillò debolmente: un simbolo del sole, identico a quello sulla mappa.

– Sei pronto? – chiesero a Beni.

– Sempre! – rispose, e si incamminarono verso il cuore della fortezza a forma di stella.

Una volta oltrepassato il grande portone, Beni e i suoi amici arrivarono al cortile interno. Le mura salivano altissime, quasi a toccare il cielo, e tra le pietre spuntavano piccole piante che si arrampicavano verso l’alto. L’aria era silenziosa – troppo silenziosa. Sembrava che l’intera fortezza trattenesse il respiro.


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Accanto all’ingresso, Gennaro trovò la copia di un’antica mappa sulla parete, e si vedeva chiaramente la pianta a forma di stella. Aveva sei punte, e ognuna indicava una direzione: nord, sud, est, ovest… e due punti nascosti, segnati solo con tratti leggerissimi.

– Questi devono essere i passaggi segreti – disse Beni, confrontando la mappa del muro con la propria. – Guarda qui, dietro il bastione occidentale c’è qualcosa: una pietra a forma di luna!

Si avvicinarono. Accanto al muro crescevano cespugli fitti, ma sotto di essi sporgeva una pietra, con inciso proprio un mezzaluna. Beni la premette – e la pietra si mosse lentamente. Si udì un lieve rumore, poi si aprì una piccola entrata, giusta giusta per farli passare.


Dentro era buio, ma Beni non parte mai senza la torcia, e nemmeno questa volta non faceva eccezione. La tirò fuori dallo zainetto e si misero in cammino.

I corridoi erano stretti e polverosi, ma man mano che avanzavano, comparivano simboli incisi nelle pareti: soli, stelle, chiavi e parole. In un punto si leggeva:


“Il cuore della fortezza non è fatto di pietra – ma di memoria.”


Raggiunsero un’altra porta, incorniciata da spirali decorate d’oro. Beni la sfiorò con la sua piccola zampina.La serratura scattò con un clic leggero.

Nella sala successiva si diffondeva una tenue luce azzurra. Il pavimento era coperto di motivi stellati, sulle pareti pendevano antiche mappe e dipinti – e al centro della stanza stava qualcuno.

La sua pelle era bruna come la terra, il volto solcato da rughe profonde, come se fosse la terra stessa a raccontare attraverso di lui. Gli occhi brillavano come luce di stelle, e la voce era profonda ma calda.

– Benvenuti, piccoli viandanti. Io sono Nonno Peppe – Peppe il Saggio – l’ultimo che conosce i segreti della fortezza e le sue antiche leggende.

Il gruppetto si inchinò timidamente.

– Avete trovato le porte, e il vostro cuore è coraggioso. Ora siete pronti a scoprire che cosa custodisce Sant’Elmo da più di sette secoli…


Al centro della sala il pavimento di pietra cominciò lentamente a sollevarsi. Apparve una sfera di cristallo – al suo interno l’immagine della città, pulsante di piccole luci.

– Questo è il cuore di Napoli. È fatto di storie, di amore e di ricordi. Se custodirete le sue leggende, continuerà a brillare per sempre – disse Nonno Peppe.

I bambini si guardarono. Capirono: non era solo un’avventura. Era una missione.

Nonno Peppe si chinò sopra la sfera e la sfiorò con delicatezza. All’interno apparvero delle immagini, come in uno specchio magico: i secoli scorrevano all’indietro, e Napoli mostrava il suo volto più antico.

– Ascoltate, miei piccoli amici – cominciò.

– Questa fortezza non è sempre stata così silenziosa. Un tempo era piena di soldati, le sue sale erano pattugliate giorno e notte, e da qui si vedeva fino al mare. Non era solo un castello, ma anche torre di guardia, prigione e rifugio.


Nella sfera comparve una grande base di pietra mentre uomini la costruivano.

– La prima fortezza fu costruita nel XIV secolo, per ordine di Carlo d’Angiò, ma non aveva ancora forma di stella. Quando poi Napoli passò sotto il dominio spagnolo, nel Cinquecento, un ingegnere militare molto abile progettò un castello completamente nuovo – a forma di stella. Era la struttura più moderna dell’epoca, perché permetteva di difendersi da ogni direzione.

La forma stellata si tracciò nella sfera con linee dorate.

– Ecco perché è così particolare – ha sei punte, come una stella magica.

Beni guardava a occhi spalancati.

– E chi viveva qui? – chiese.

– Per molto tempo i soldati. La fortezza fu rinforzata più volte, usata dagli spagnoli, poi dai Borbone. Nel Settecento ospitò persino prigionieri. Le mura sussurrano storie – di coraggio, di speranza, e talvolta di tristezza. Ma in esse è rimasta sempre l’anima della città.

Allora Gennaro domandò:

– E perché oggi è così silenziosa?

– Perché i tempi cambiano – rispose Nonno Peppe con un sorriso. – Oggi qui non ci sono più guerre, ma mostre, eventi d’arte, incontri culturali. Le persone salgono fin quassù per guardare la città dall’alto: da qui si vede il Vesuvio, il mare, e quando il cielo è limpido perfino l’isola di Capri.

Il gruppetto immaginò di sedersi su un bastione, osservando il tramonto mentre Napoli si tinta d’oro.

– Ora anche voi siete i custodi della fortezza – continuò Peppe.

– Raccontate agli altri ciò che avete scoperto. La magia di una città vive solo se qualcuno ne conserva le storie.

La sfera di cristallo si affievolì lentamente. Le pareti si ritirarono con un lieve ronzio, e la fortezza stellata tornò silenziosa.


Nonno Peppe sorrise e fece apparire un’altra immagine nella sfera: la cima di Castel Sant’Elmo, illuminata dai raggi del sole che si diffondevano in ogni direzione.

– Sapete perché da qui si vede quasi tutta la città?

– Perché questa fortezza è costruita proprio sopra Napoli – su una collina alta, chiamata il colle del Vomero. È come la corona della città.

Gli occhi di Beni brillarono.

– Come una stella in cima al cielo?

– Esattamente! – annuì Peppe. – E si dice, un po’ per scherzo, che da qui la vista sia di 368 gradi, perché puoi osservare qualcosa in ogni direzione:

– A est il Vesuvio che veglia sulla città,

– A sud il mare, dove risuona il canto di Partenope,

– A ovest le colline di Pozzuoli,

– e a nord le montagne lontane.

– Il vento gira intorno alla fortezza, il sole tocca ogni punta – e per questo non fu solo una base militare, ma una torre di guardia che vedeva tutto. È stata importante per secoli.

Beni saltò su.

– Allora da qui si può vedere tutto!

– Proprio così. Chi sta qui non vede solo la città

– ma anche la sua storia, i suoi segreti e il suo futuro. Ma solo chi arriva con cuore aperto e occhi curiosi. Come voi.


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Il sole tramontava quando il gruppetto uscì dalla fortezza. Sotto di loro Napoli brillava di luce dorata e l’ultima scintilla del giorno si rifletteva sul mare. Beni respirò profondamente: gli sembrava che il mondo intero si stendesse ai suoi piedi, pieno di storie.

– Pensi davvero che siamo diventati dei custodi? – chiese piano.

– Finché raccontiamo le sue storie, la luce della città non si spegnerà mai – rispose Gennaro, voltandosi un’ultima volta verso la fortezza.

– Allora cominciamo. È tardi, è ora di tornare a casa. Io lo racconterò alla mia zia… e a Tyùkanyò! – ridacchiò Beni.

– E io ai miei genitori e ai miei fratelli – disse Gennaro felice, e gli altri si unirono a lui.


Così, con il luce del cuore-stella nel petto e le parole che già prendevano forma nella mente, si incamminarono verso casa. Sapevano che ogni vero avventuriero rende eterna una storia solo quando la tramanda – in un racconto, in un abbraccio o in una fiaba della buonanotte.


Quella sera, le luci sopra Napoli brillavano più calde del solito.


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